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Alfabetizzazione finanziaria: come nasce il divario di genere?

Nel 2023 la Banca d'Italia ha condotto una nuova indagine per conoscere i livelli di cultura finanziaria degli italiani, nell'ambito di una rilevazione internazionale promossa dall'OCSE.

Come nelle versioni precedenti del 2017 e del 2020, l'indagine misura l'alfabetizzazione guardando a tre componenti: conoscenze, comportamenti, atteggiamenti.

Secondo il rapporto diffuso dall'OCSE lo scorso dicembre, nel 2023 hanno partecipato alla rilevazione 39 paesi, di cui 19 dell'Unione europea. Purtroppo l'Italia rimane agli ultimi posti nella graduatoria dell'alfabetizzazione finanziaria: l'indicatore complessivo è 10,6, su una scala da 0 a 20. Il lieve miglioramento rispetto al 2020 è guidato dalle componenti dei comportamenti e degli atteggiamenti.

Le donne sanno meno di finanza in molti paesi del mondo e questo è vero anche in Italia. Il divario a sfavore delle donne si registra in 11 paesi europei; è più ampio in Spagna, Portogallo e Grecia.

Nel nostro paese, come nella maggior parte dei paesi Ocse, il divario di genere riguarda soprattutto le conoscenze. Nei comportamenti il divario è trascurabile, e si inverte a favore delle donne nell'ultima componente analizzata, quella degli atteggiamenti, che guardano alla visione di lungo termine delle persone.

Tra le donne italiane, il divario è più ampio tra chi possiede un basso livello di istruzione, per le studentesse e ancora di più per le casalinghe e le pensionate. A livello territoriale, il divario è maggiore al Sud.

Alla bassa alfabetizzazione finanziaria delle donne contribuisce il mercato del lavoro italiano: le donne hanno un basso tasso di occupazione, soprattutto al Sud e cresce il numero di quante non cercano nemmeno un lavoro. Se si considerano solo le lavoratrici, dipendenti o autonome, in Italia l'alfabetizzazione finanziaria è in linea con quella degli uomini.

Non si osservano differenze di genere nel possesso del conto corrente e delle carte di pagamento (di debito, di credito, o carte prepagate), ma il divario si ritrova nella partecipazione attiva ai mercati finanziari: rispetto agli uomini, le donne, anche quando lavorano, detengono un numero inferiore di strumenti di investimento come obbligazioni, azioni, fondi comuni.

Quest'ultimo divario può riflettere fattori diversi: una minore propensione delle donne al rischio; una fiducia minore nelle proprie competenze finanziarie; redditi più piccoli rispetto a quelli degli uomini.

Un ruolo chiave è rivestito dalle disparità nei redditi da lavoro. Le retribuzioni orarie femminili sono in media più basse di quelle maschili: il divario nel settore privato - sebbene si sia ridotto negli ultimi tre decenni - era pari a circa l'11 per cento nel 2021.

Le disparità salariali influiscono quindi sull'accumulazione della ricchezza, alimentando differenze di genere nella capacità di resilienza economica, vale a dire la disponibilità di risorse alle quali attingere nel caso di shock reddituali o di altra natura.

L'indagine OCSE per la prima volta guarda al livello di digitalizzazione finanziaria e mostra che anche in questo ambito i punteggi dell'Italia sono più bassi rispetto alla media europea. Ritroviamo anche qui un divario di genere che penalizza in particolare le donne che non partecipano al mercato del lavoro.

Le evidenze riassunte suggeriscono che per ridurre i divari di genere e innalzare i livelli di alfabetizzazione finanziaria e di benessere collettivo si può agire su due fronti: da un lato, con le politiche del mercato del lavoro, favorendo la partecipazione femminile e riducendo le disparità salariali; dall'altro, con le politiche di alfabetizzazione finanziaria, strumento di coinvolgimento delle donne e di stimolo alla loro partecipazione economica attiva. La Banca d'Italia è in prima linea con il progetto Le donne contano, online e sui territori, anche grazie a molte collaborazioni con associazioni.

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