La Borsa non è un gioco

Nella lingua italiana, quando parliamo di investimenti finanziari usiamo il termine "giocare in borsa". Nelle altre lingue ci sono espressioni simili. L'espressione inglese play on the stock market, che le ha originate tutte, in realtà con il gioco non c'entra poi molto. Questa frase, infatti, è utilizzata dai principianti che hanno appena avuto accesso a operare in borsa, o lo fanno ancora in modo simulato, senza denaro vero.

Anche quando si tratta di piccole somme, si dovrebbe sempre parlare di investimento in borsa.

Cosa è la borsa?

Sinonimi sono "borsa valori" o "borsa finanziaria": si tratta di un mercato "regolamentato", dove si negoziano (si comprano e si vendono) strumenti finanziari, quote di capitale, titoli di Stato. L'immagine che più di tutte ci può aiutare a capire cosa sia è quella che ci viene proposta da 23 anni, ogni Natale, dal film "Una Poltrona per due". Certo, ora le transazioni avvengono in modo digitale e ciò di fatto ha svuotato le borse da quegli eserciti di gladiatori, ma quell'immagine (e la spiegazione sul funzionamento della borsa di Dan Aykroyd/Louis Winthorpe III) resta comunque di grande effetto!

La CONSOB è l'autorità italiana per la vigilanza sui mercati finanziari; assicura che i mercati funzionino in modo corretto, sotto tutti i punti di vista, e che tutti gli attori in campo agiscano secondo le regole.

A cosa serve investire in borsa?

In borsa si investono i propri risparmi, con lo scopo di vederli fruttare sulla base di alcune scommesse sul valore futuro dell'investimento. Il risultato di un investimento è aleatorio, ovvero non possiamo prevedere con certezza se guadagneremo o perderemo dei soldi, in un modo apparentemente simile al lancio di un dado, ma non di meno investire in borsa necessita di conoscenze e di capacità.

Nella finanza, un ruolo di assoluta importanza è interpretato dalle aspettative: l'economista J.M. Keynes sottolineava come tali aspettative, nelle fluttuazioni di un titolo, sono da sole capaci di far verificare le attese (cosiddette profezie autoavveranti). Secondo Keynes, nel momento in cui si prendono decisioni che hanno a che fare con investimenti e di cui quindi non conosciamo l'esito, ci affidiamo alle informazioni che conosciamo (anche gli andamenti trascorsi del titolo per esempio) e, date queste premesse, ci attendiamo dei risultati precisi.

L'economia comportamentale ha poi approfondito la questione: non solo le informazioni ma anche diversi aspetti psicologici possono influenzare le decisioni e, di conseguenza, gli effetti. Secondo Kahneman e Tversky le persone sono molto sensibili alla certezza tanto da preferirla anche a una probabilità molto alta, rinunciando a profitti più elevati. È l'avversione al rischio: si preferisce vincere di meno, quando si è "sicuri" di farlo; allo stesso tempo nel caso in cui dovessimo scegliere tra due possibili perdite, preferiamo tentare la sorte e rischiare di non perdere nulla rispetto alla certezza di perdere poco. Questi comportamenti, presi in massa, riescono a influire sulle aspettative prima e sulle conseguenze reali dopo.

Quindi, quando investiamo in borsa, le nostre informazioni e le nostre aspettative "collettive" concorrono a creare una situazione in cui le fluttuazioni del valore dei nostri investimenti ne sono influenzate. Nel momento in cui, per esempio, molti investitori smettono di credere in una società, le sue azioni crolleranno: la vendita da parte di molti ne farà abbassare il prezzo, scatenando a questo punto una corsa al ribasso che potrebbe mettere in ginocchio la società. Come direbbe Keynes, la profezia - ovvero l'aspettarsi di un pessimo risultato da quella società - avrà innescato un processo distruttivo facendo sì che si possa davvero avverare, a prescindere dalla solidità di quella impresa.

Per la verità noi italiani non siamo così abituati a "frequentare" la borsa. Gli italiani preferiscono in buona parte tenere i propri risparmi sul conto corrente, dove non possono fruttare e, quando decidono di investire, lo fanno senza studiare a fondo le alternative o rivolgersi a un esperto. Secondo l'ultimo sondaggio condotto dalla Banca d'Italia in contemporanea con altre istituzioni europee, solo il 65% degli italiani è consapevole che a un maggior rischio corrisponde un maggior rendimento.

E allora probabilmente, come spesso accade, la verità sta nel mezzo. La borsa non è un gioco e bisogna essere preparati per avventurarsi nei mercati finanziari; però, con consapevolezza, i rudimenti giusti e magari il consiglio di un esperto... perché non provare a far fruttare un po' di più i nostri risparmi?

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