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Guerra, incertezza e le nostre finanze

La guerra in Ucraina sta portando a conseguenze economiche su cui è difficile fare una valutazione perché essa è soggetta a un elevato grado di incertezza. L'ultimo Bollettino della Banca d'Italia, pubblicato la scorsa settimana, esamina le possibili conseguenze per l'economia italiana del conflitto attraverso tre differenti scenari. Ciascuno di essi si basa su una diversa ipotesi di durata della guerra. Alla durata del conflitto sono collegate conseguenze differenti sull'andamento dei prezzi delle materie prime (ad esempio petrolio, gas, grano), gli scambi con l'estero, la disponibilità delle forniture di gas naturale nonché la fiducia di consumatori e imprese.

Il primo scenario, quello più favorevole, ipotizza una rapida risoluzione del conflitto con un ridimensionamento delle relative tensioni geopolitiche. In questo caso, si stima una crescita del Prodotto Interno Lordo (PIL) intorno al 3 per cento nel 2022 e nel 2023; l'inflazione si collocherebbe intorno al 4 per cento nella media del 2022. Nello scenario intermedio, che ipotizza la prosecuzione della guerra, la stima del prodotto sarebbe di circa il 2 per cento in entrambi gli anni mentre la crescita dell'inflazione sarebbe più sostenuta intorno al 5,6 per cento. Nello scenario più severo che presuppone, oltre al prolungamento del conflitto, una minore disponibilità di gas per l'Italia a seguito di un arresto delle forniture dalla Russia della durata di un anno a partire da maggio, il PIL diminuirebbe di quasi mezzo punto percentuale sia quest'anno sia il prossimo mentre l'inflazione si collocherebbe poco al di sotto dell'8. In tutti e tre gli scenari si prevede per il 2023 un ridimensionamento delle stime dell'inflazione su valori intorno al 2 per cento. Si tratta comunque di previsioni che non tengono conto delle nuove possibili risposte di politica economica che potranno essere prese nei prossimi mesi per contrastare la recessione e le pressioni sui prezzi derivanti dal conflitto.

Dunque il contesto economico nel quale dobbiamo prendere le decisioni relative alle nostre finanze è molto instabile. La pandemia ci aveva già abituati a gestire quotidianamente l'incertezza; con la guerra in corso dobbiamo continuare a farlo. Le regole di una corretta pianificazione valgono a maggior ragione. Costruire progetti caratterizzati da un buon grado di flessibilità, essere prudenti e non fare il passo più lungo della gamba, restano principi fondamentali da seguire. Tenere un registro delle entrate e delle uscite, può aiutare a valutare la sostenibilità dei propri debiti e a pagare con regolarità le rate di un finanziamento. Se invece abbiamo qualche risparmio da parte e vogliamo farlo fruttare, può essere utile rivolgersi a un consulente autorizzato che ci aiuti a scegliere investimenti che ci proteggano dall'inflazione oppure, se vogliamo fare da soli, è utile tenere a mente alcuni semplici suggerimenti: il primo è diversificare, il secondo è stare attenti ai rendimenti reali, quelli veri, e ricordare sempre di investire in strumenti rischiosi e poco conosciuti solo i soldi che ci si può permettere di perdere. Ne abbiamo parlato qui.

La parola chiave

Prodotto Interno Lordo (PIL)

Il PIL (Prodotto Interno Lordo) è il valore dei beni e servizi finali prodotti all'interno di una certa economia in un certo periodo di tempo. Il PIL esclude il valore degli input utilizzati per la produzione (beni intermedi), che altrimenti verrebbero doppiamente conteggiati.

Una impresa produce motorini che vengono venduti sul mercato. Il valore dei motorini prodotti, al netto del costo delle componenti usate per produrli (freni, motori, ecc.), é il valore aggiunto di quell'impresa.

La somma dei valori aggiunti in tutti gli stadi della produzione (cioè di motorini, di freni, di motori ... ma anche di magliette, filati, telefonini, processori, ristoranti ... ecc.) é il PIL di un paese.

Nel calcolo non conta la nazionalità del produttore ma il territorio in cui il prodotto/servizio viene realizzato: una lavatrice prodotta in Italia da una società canadese entra nel PIL dell'Italia, mentre un corso di cucina (quindi un servizio) tenuto in Canada da una società italiana viene computato nel PIL del Canada.

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