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Perché la BCE aumenterà i tassi di interesse?

Tassi, inflazione e crescita economica

Nei giorni scorsi la Banca Centrale Europea ha annunciato che nella riunione del prossimo 21 luglio, il Consiglio direttivo, per la prima volta da oltre dieci anni, aumenterà i tassi di interesse di riferimento di politica monetaria, dello 0,25% per l'esattezza, e che intende aumentarli anche a settembre. Dal prossimo 1° luglio, inoltre, l'Eurosistema - cioè la BCE e le banche centrali nazionali dei paesi dell'area dell'euro - smetterà di effettuare acquisti netti di titoli, tra cui i titoli di Stato italiani, una misura decisa nel 2015 e rafforzata allo scoppio della pandemia nel 2020, per riportare l'inflazione, all'epoca molto contenuta, all'obiettivo del 2% all'anno. L'Eurosistema, comunque, continuerà ad acquistare titoli, anche titoli di Stato italiani, ma limitandosi solo al reinvestimento dei titoli già in portafoglio via via che scadranno.

Ma perché la BCE ha preso queste decisioni?

Le decisioni annunciate dal Consiglio direttivo della BCE sono finalizzate a contrastare l'aumento dell'inflazione e i suoi effetti negativi per le persone e per le imprese, per raggiungere l'obiettivo della stabilità dei prezzi, cioè un'inflazione del 2% all'anno nel medio termine.

Attualmente, infatti, l'inflazione nell'area dell'euro è molto superiore al 2%. La stima dell'Eurostat per il mese di maggio è dell'8,1%. La crescita dei prezzi delle materie energetiche, tra tutte gas e petrolio, è la causa principale dell'aumento dell'inflazione e sta, insieme alla guerra in Ucraina e una maggiore incertezza, riducendo la crescita economica attesa.

Come dichiarato dalla BCE, le misure appena decise continuano il percorso di "normalizzazione" della politica monetaria iniziato a dicembre scorso, quando fu annunciata, per la fine del marzo successivo, la cessazione del programma di acquisto titoli lanciato allo scoppio della pandemia, il Pandemic Emergency Purchase Programma (PEPP).

Perché percorso di "normalizzazione"? Perché negli ultimi anni la politica monetaria della BCE è stata molto espansiva. I tassi di interesse fissati dalla banca centrale sono stati eccezionalmente bassi per stimolare l'economia e riportare il tasso di inflazione, per anni troppo contenuto, all'obiettivo del 2%. L'attuale strumento principale di politica monetaria, il tasso sui depositi presso l'Eurosistema, è addirittura negativo sin dal 2014, cioè le banche quando depositano i soldi presso l'Eurosistema pagano invece di ricevere un tasso di interesse! Una cosa all'epoca difficile da immaginare. Dal 2019 il tasso sui depositi è pari al ‑0,5% (sarà del -0,25% dal 21 luglio).

Oggi, le conseguenze della pandemia e della guerra in Ucraina hanno creato, dopo anni di crescita dei prezzi troppo bassa, esattamente il problema opposto: un tasso di inflazione più alto, molto più alto di quello obiettivo. Questo è il motivo per cui la BCE, come le banche centrali di molti altri paesi, ha iniziato quello che ha chiamato "un percorso graduale ma duraturo" di aumento dei tassi di interesse, condizionando l'ampiezza e la velocità degli aumenti all'andamento dell'inflazione.

Come funziona la politica monetaria?

Le decisioni di politica monetaria influenzano il costo e la disponibilità di moneta in un'economia. Queste decisioni, una variazione dei tassi di interesse di riferimento o la decisione di acquistare titoli, ad esempio, influenzano i tassi di interessi praticati dalle banche ai loro clienti. Tassi più alti riducono la spesa dei consumatori e gli investimenti delle imprese, le principali determinanti della crescita di un'economia e del tasso di inflazione nel breve termine.

Per quanto riguarda gli effetti sulla crescita economica delle decisioni prese, il Consiglio direttivo della BCE ritiene che ci siano comunque le condizioni affinché l'economia dell'area dell'euro cresca e continui la ripresa. Le attività economiche stanno ancora riaprendo dopo le interruzioni dovute alla pandemia, le persone spendono, usano i risparmi accumulati durante la pandemia, la disoccupazione è ai minimi storici e il supporto dei governi all'economia continua. 

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