Perdita o guadagno? La vera natura degli sconti

Categoria: Economia comportamentale
Tempo di lettura 2 minuti
Pubblicato il 12/11/2025

In Così parlò Bellavista, passando davanti a una bancarella che offriva merce a prezzi "quasi fissi" il filosofo protagonista del film spiega al suo discepolo: "Lo sconto è un atto d'amore di un venditore per il compratore. In un paese veramente civile, lo sconto dovrebbe essere obbligatorio". È davvero questo, lo sconto?

Le politiche di prezzo dei venditori tengono conto di molti fattori. Tra questi ci sono le nostre abitudini di consumo e gli inganni della nostra mente, le cosiddette trappole comportamentali in cui spesso cadiamo.

Nelle stagioni dei saldi, ad esempio, paragoniamo il "prezzo" intero al "prezzo in saldo" e rischiamo di percepire una grande convenienza anche quando non esiste. Siamo vittime, in altre parole, dell'"effetto ancoraggio": il prezzo iniziale diventa il nostro punto di riferimento, anche quando è del tutto arbitrario.

Un altro errore di valutazione ricorrente (o bias comportamentale) nella psicologia dei prezzi è l'"avversione alle perdite" - che compare, insieme all'ancoraggio, all'interno della "teoria del prospetto" formulata da Daniel Kahneman e Amos Tversky. Come funziona? Mettiamo che ci propongano di scommettere sul lancio di una moneta: se verrà testa, perderemo 100 euro, se sarà croce ne vinceremo 150. Che faremo? Il valore atteso della scommessa è positivo, giacché rischiamo di vincere molto più di quanto rischiamo di perdere; eppure, le ricerche ci dicono che tenderemo a non accettare, perché la paura di perdere quei 100 euro peserà di più della speranza di vincerne 150. Come esseri umani, una perdita ci fa soffrire più di quanto un guadagno equivalente, o addirittura superiore, ci dia piacere.

Questa avversione alle perdite può influenzare le decisioni delle persone in molti campi. In politica, ad esempio, spesso le persone non sono favorevoli a riforme o cambiamenti strutturali perché la paura di perdere qualcosa (ad esempio reddito, status o occupazione) pesa più della speranza di guadagnare (ad esempio minori tasse o più opportunità).

Anche le decisioni di acquisto sono influenzate dall'avversione alle perdite. Vediamo perché.

Quando spendiamo denaro, il cervello non interpreta l'uscita come un atto neutro (perdo denaro ma guadagno un valore equivalente in beni o servizi) ma come una perdita che provoca sofferenza. Il venditore avveduto sa che il pagamento è percepito come una piccola perdita e che può usare lo sconto come un anestetico per attenuarne il dolore o addirittura trasformarlo in un piacere trasmettendo la sensazione di un guadagno. Il fatto che oggi il bene ci sia presentato come "scontato" ci proietta in una situazione fittizia, creata ex post, di un passato nel quale volevamo quel bene ma per averlo avremmo dovuto pagare un prezzo intero. Oggi costa meno di ieri, e questa differenza di prezzo la avvertiamo come un guadagno che può, almeno parzialmente, compensare la perdita del denaro che comunque spenderemo.

Spesso gli effetti psicologici degli sconti sono rafforzati da altri elementi come la sensazione di urgenza ("solo fino a domenica!") o la presentazione dello sconto in valori assoluti per i prodotti più cari (ad esempio, "Smart TV a 480 euro invece di 600") e in valori percentuali per quelli meno costosi (libri scontati del 20%, che fa certamente più effetto di un messaggio quale "16 euro invece di 20").

Lo sconto non è solo l'atto di civiltà di cui parlava Bellavista, né soltanto una strategia per attenuare il dolore della perdita: è anche un rituale sociale che, come ogni forma di scambio, rafforza i legami tra le persone. Saperne riconoscere la natura ci rende - per dirla con Aristotele - animali sociali migliori, più consapevoli nelle scelte e più capaci di apprezzare il piacere di un buon affare.

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