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Le azioni sono uno strumento di partecipazione alla proprietà di una società. In particolare, un'azione rappresenta la quota minima in cui è diviso il capitale di una particolare tipologia di società (dette per l’appunto società per azioni).
Il valore nominale di ciascuna azione è, di norma, determinato dallo statuto della società; altrimenti, il titolo deve riportare l'ammontare del capitale e il numero complessivo di azioni emesse. Il valore nominale non coincide necessariamente con il valore di emissione (le azioni possono essere emesse richiedendo una somma superiore al valore nominale, cioè con "sovrapprezzo"), né con il valore di mercato del titolo (determinato dall'incontro tra offerta e domanda sul mercato).
Si tratta di titoli di credito, cioè strumenti che incorporano un diritto che può essere facilmente trasferito ad altro soggetto. I diritti e gli obblighi incorporati possono ricadere nella titolarità della persona intestataria (azioni nominative) o di chi è in possesso del titolo in un dato momento (azioni al portatore). Possono essere al portatore le sole azioni di risparmio.
Le azioni ordinarie conferiscono ai titolari uguali diritti, tra cui quello di voto nelle assemblee dei soci. Esistono però anche altre categorie di azioni.
Lo statuto societario può prevedere particolari tipologie di azioni, ognuna caratterizzata da un diverso set di diritti. Ad esempio:
Le azioni possono inoltre essere:
In Italia le azioni vengono negoziate:
Alle imprese, perché ciascuna azione rappresenta per le società una forma di finanziamento della propria attività.
All'investitore/risparmiatore consapevole, perché con l'acquisto delle azioni (il numero è proporzionale all'importo sottoscritto) si riceve il diritto alla partecipazione amministrativa (come il diritto di voto in assemblea) ed economica (distribuzione degli utili ad esempio) della società. Acquistare azioni può essere un modo per investire i propri risparmi in uno strumento il cui rendimento è variabile in base ai risultati dell'azienda. Le diverse "categorie" di azioni concedono all'investitore l'opportunità di decisioni di investimento in linea con le proprie strategie (maggiore interesse al rendimento o all'aspetto gestionale?) o con la propria tolleranza al rischio.
Essere titolari di azioni significa partecipare al rischio d'impresa della società in cui si è investito (si parla, appunto, di capitale di rischio). Questo significa che il rendimento (dividendo) dipenderà dall'andamento dei risultati aziendali: a fronte della potenziale opportunità di rendimenti superiori a quelli di altri titoli (per esempio le obbligazioni) esiste - ed è essenziale esserne consapevoli - un potenziale pericolo di perdere in tutto o in parte il capitale investito (rischio), ad esempio in caso di fallimento della società con conseguente liquidazione delle sue attività.
I costi in senso stretto legati all'investimento in titoli azionari riguardano le commissioni spettanti agli intermediari interessati per le operazioni di acquisto e vendita titoli e la custodia degli stessi (è necessaria l'apertura di un "conto titoli").
Qualsiasi provento derivante dall'investimento in titoli azionari è soggetto a imposizione fiscale.
Il possesso di un titolo azionario attribuisce al titolare una serie di diritti economici e amministrativi:
Farsi guidare dalle emozioni: ottimismo, euforia, pessimismo, rammarico, sono tutti stati emozionali che influenzano le nostre decisioni di investimento. L'ottimismo potrebbe per esempio renderci più propensi ad assumere rischi eccessivi. Oppure la paura di compiere errori potrebbe portarci a seguire le scelte della massa (un effetto conosciuto in finanza come "comportamento da gregge") anche quando non appropriate.
Scarsa diversificazione: il valore di una singola azione è legato alla sorte di una singola impresa, quindi detenere azioni di un solo tipo è molto rischioso. Il rischio potrebbe ridursi diversificando, cioè investendo in azioni diverse tra loro (per esempio, di differenti settori merceologici o paesi). Tuttavia, questo comportamento non è ancora sufficientemente diffuso, specialmente tra i piccoli investitori.
Avversione alla perdita: pur di non accettare la perdita legata a un investimento, si può decidere di correre altri rischi pur di "tornare in pareggio", con esiti potenzialmente dannosi. Diversi studi mostrano infatti che il "dolore" provato a seguito di una perdita è maggiore del "piacere" di un guadagno. Ecco perché si tende a vendere in anticipo titoli sui quali si sta guadagnando, rinunciando così all'opportunità di maggiori introiti.
La possibilità di perdere soldi con un investimento. Normalmente è misurata come la variabilità (volatilità) del rendimento passato di uno strumento finanziario o di un'attività. Non esistono strumenti finanziari privi di rischio, anche se alcuni sono più sicuri di altri, come ad esempio i depositi a risparmio, assicurati fino a 100.000 euro per persona e per banca, e i titoli di Stato (BOT, BTP e CCT con scadenza residua inferiore a 12 mesi).