Come prendiamo le decisioni di consumo

Sei in una via del centro, a caccia di un paio di scarpe e sei indeciso tra i tre modelli in vetrina. Come sceglierai? Quali aspetti incideranno nel costruire la tua preferenza? Spesso, quando raccontiamo un'esperienza di acquisto sottolineiamo che abbiamo scelto in base al rapporto qualità/prezzo o in base all'utilità attesa, cioè alla soddisfazione o al beneficio che ci aspettiamo, tenendo conto dei costi e dei rischi. In realtà, esistono molti fattori che si attivano in una decisione di consumo, fattori di cui spesso siamo inconsapevoli.

I fattori che influenzano le nostre scelte

Il riconoscimento di un bisogno, come quello di un nuovo paio di scarpe, è stato individuato come un momento cruciale del processo decisionale, anche se non è necessariamente il primo in senso cronologico.

Un modello noto del processo decisionale del consumatore è quello di Peter & Olson (2009), che prevede cinque fasi:

  • 1) il riconoscimento di un problema o un bisogno da soddisfare;
  • 2) la raccolta di informazioni per costruire un set di possibili alternative;
  • 3) la valutazione delle alternative;
  • 4) l'effettiva decisione e l'acquisto;
  • 5) la valutazione post-acquisto.

Secondo questo modello, le fasi si susseguono in una rigida sequenza cronologica, dalla prima all'ultima. Tuttavia, studi successivi hanno messo in evidenza che queste fasi possono sia emergere in un ordine differente (ad esempio, un annuncio pubblicitario può far nascere in noi un bisogno che non si era mai affacciato), sia influenzarsi a vicenda (raccogliere notizie su un prodotto può rimodellare il nostro bisogno iniziale, e spingerci a cercare nuove informazioni).

Dei fattori che ci influenzano nelle scelte di consumo, molti riguardano la nostra dimensione soggettiva, altri hanno a che fare con il contesto con cui interagiamo. Possiamo suddividere i fattori soggettivi in tre classi e raggruppare in una quarta i fattori ambientali. La prima classe comprende i fattori cognitivi, che riguardano sia la nostra visione delle cose, le idee e le convinzioni, sia altri aspetti radicati in noi, come i tratti della personalità e il nostro modo di essere (ad esempio, quando ci sentiamo insicuri nei rapporti con gli altri, possiamo sviluppare un attaccamento eccessivo al denaro, usandolo come un modo per sentirci più al sicuro e protetti). La seconda categoria è quella dei fattori comportamentali, tra i quali rientrano le forme in cui agiamo e ci districhiamo nelle varie situazioni che ci capitano, ma anche lo stile di vita che conduciamo e la disponibilità economica per farlo. Il terzo gruppo include i fattori emotivi, cioè, da un lato, le emozioni che ci suscita un acquisto realizzato (ad esempio, può deluderci o può entusiasmarci) e, dall'altro, gli stati d'animo che lo precedono e possono, in qualche modo, determinarlo: capita, ad esempio, in un momento di scoramento di volerci consolare con un gelato, oppure di reagire a una condizione di euforia con acquisti anche molto impegnativi. Infine, esistono i fattori ambientali, che comprendono tutto ciò che intorno a noi può influenzarci in una decisione di consumo. L'elenco di questi è lungo e va dalla qualità e quantità di informazioni disponibili al modo in cui ci vengono presentate (che produce in noi l'effetto del framing), alle occasioni che incontriamo (una strada piena di negozi ci darà stimoli diversi rispetto a una che non lo è), fino alle pressioni che a qualche livello esercita l'ambiente sociale e culturale di cui siamo parte (pensiamo al ruolo delle mode e al peso in certi contesti di attributi quali "biologico", "ecologico", e così via).

Quando effettuiamo un acquisto, dunque, ci troviamo sottoposti a influenze di varia natura, interne ed esterne, che complicano l'atto del decidere. Diversi esperimenti, ad esempio, hanno dimostrato che le persone, poste in determinate condizioni, anche quando sono sicure di scegliere liberamente per massimizzare l'utilità attesa, in realtà possono esser mosse dal fine inconscio di evitare il dolore di un rimpianto futuro.

Nel 1953, l'economista Maurice Allais, successivamente vincitore del Nobel per l'economia, effettuò un esperimento che divenne noto come il paradosso di Allais. Nell'esperimento le persone erano chiamate a scegliere tra due opzioni di una lotteria immaginaria in due diversi scenari. Nel primo scenario le persone preferivano l'opzione che le metteva completamente a riparo da rischi, nonostante l'altra avesse un valore atteso maggiore, nel secondo scenario le stesse persone, non avendo a disposizione l'opzione senza rischi, preferivano quella con valore atteso più alto. L'atteggiamento nei confronti del rischio cambiava radicalmente da uno scenario all'altro. Questo esito è incoerente con la teoria dell'utilità attesa, secondo cui le persone dovrebbero optare in entrambi gli scenari per l'opzione con il valore atteso più alto.

Le scorciatoie mentali che usiamo quando facciamo un acquisto

Quando acquistiamo qualcosa, dunque, non ragioniamo in modo del tutto razionale o approfondito (razionalità limitata), sia per i limiti della nostra mente sia perché il contesto esterno non ci fornisce tutti gli elementi necessari per fare scelte razionali. Ma c'è di più. Nel prendere decisioni, il nostro cervello spesso ricorre a scorciatoie mentali - le cosiddette euristiche - frutto del nostro percorso evolutivo e adattivo; può accadere, ad esempio, perché abbiamo poco tempo a disposizione per valutare tutte le informazioni accuratamente. Le euristiche sono state analizzate in profondità per la prima volta da Daniel Kahneman e Amos Tversky, pionieri nello studio del processo decisionale e dei bias che lo influenzano. Vediamone alcune:

  • il satisficing, che ci conduce a selezionare la prima alternativa che soddisfa una certa soglia di accettabilità in base a un criterio che ci siamo dati a priori (un colore, ad esempio) escludendo dall'analisi tutte le altre alternative disponibili;
  • l'esclusione per caratteristica, secondo la quale stabiliamo un livello minimo rispetto alla dimensione che consideriamo più importante (ad esempio, la memoria per un PC) ed eliminiamo tutte le alternative sotto quel livello, trascurando quelle che potrebbero avere altre caratteristiche desiderabili (ad esempio il prezzo e la definizione dello schermo) tali da compensare il "difetto" della caratteristica più importante;
  • la procedura lessicografica è una strategia semplificata di scelta che si basa sul confrontare le alternative usando un criterio principale (ad esempio il prezzo), e solo se c'è parità su questo si passa al criterio successivo (ad esempio l'estetica);
  • la frequenza pro e contro, in base alla quale contiamo, anche solo mentalmente, quanti aspetti positivi e quanti negativi ha una certa alternativa, e scegliamo quella con la differenza maggiore tra i pro e i contro. Ma assegnare a tutti i fattori lo stesso peso non è una scelta perfettamente razionale (alcune caratteristiche come la qualità potrebbero essere oggettivamente più rilevanti, altre come l'estetica, potrebbero essere soggettivamente più desiderabili).

Le manipolazioni dall'esterno

Tra i primi a studiare il funzionamento del processo decisionale ci sono stati gli esperti di marketing, attratti dall'idea di trovare modi per influenzare le nostre scelte allo scopo di aumentare le vendite. Le strategie di marketing che possono indurci ad acquistare qualcosa sono tantissime; una di queste riguarda il cosiddetto effetto esca. Come funziona? Mettiamo che, entrando in un cinema, ci venga voglia di mangiare liquirizie. Una volta al bar, ci troviamo davanti un'offerta: confezione "piccola" a 3 euro, confezione "grande" a 9 euro. Cosa decideremo di fare? Le ricerche ci dicono che, di fronte a uno scarto così ampio di prezzo, la cosa più probabile è che opteremo per la confezione "piccola". Ipotizziamo di tornare la settimana successiva nello stesso cinema e di non voler rinunciare alle nostre liquirizie. Stavolta, però, ci troviamo davanti una terza opzione: confezione "media" a 8 euro. Cosa sceglieremo, ora? Ebbene, le stesse ricerche ci dicono che probabilmente, ora, punteremo alla confezione "grande" a 9 euro. Cosa è successo? La nuova opzione, la confezione "media", relativamente poco conveniente, avrà agito da "esca": la sua introduzione non avrà attratto preferenze, né questo era il suo obiettivo, ma ci avrà indotti a preferire la confezione "grande", il cui prezzo ora, grazie al confronto con l'alternativa "esca", ci sarà sembrato accettabile e conveniente. Questa tecnica di marketing, dunque, ci avrà condizionato al punto da farci decidere di spendere una cifra, 9 euro, che, la volta precedente, avevamo ritenuto troppo elevata, perché molto più alta dell'unica alternativa che avevamo, quella della confezione "piccola".

Anche in questo caso, come in tutte le scelte, è decisivo il ruolo del tempo. Da vari esperimenti sappiamo infatti che quando abbiamo molto poco tempo a disposizione per decidere, l'effetto esca perde efficacia: non confronteremo le alternative, compreso l'esca, e agiremo d'istinto.

L'effetto "esca" - teorizzato per la prima volta da Joel Huber nel 1982 - ci insegna che tutti, anche i più risoluti di noi, quando desiderano qualcosa possono essere soggetti a manipolazioni esterne senza rendersene conto, e che lo stabilire una preferenza tra alternative non è mai indipendente dalle caratteristiche di queste e dal modo in cui ci sono proposte.

Al termine di questo viaggio, torniamo alla situazione iniziale: come ti comporterai davanti alla vetrina di scarpe? Ora sappiamo che, mentre decidiamo, nella nostra mente esiste una grande danza a cui partecipano tanti personaggi; cominciare a conoscerne alcuni può aiutarci nelle nostre decisioni di consumo. E dunque, quale modello di scarpe sceglierai? Probabilmente le uniche delle quali è rimasto il tuo numero, ma questa è un'altra storia…

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