L'inflazione: cause, effetti e come fronteggiarla

1. Cos'è l'inflazione?

L'inflazione è l'aumento generalizzato dei prezzi dei beni (cibo, energia elettrica, carburanti, ecc.) e dei servizi (un taglio di capelli, un biglietto del treno, ecc.).

L'inflazione non riguarda quindi il prezzo di singoli prodotti ma interessa molti beni e servizi.

L'aumento dei prezzi diminuisce la quantità di beni o servizi che possiamo acquistare con i nostri soldi: per questo si dice che l'inflazione riduce il valore della moneta nel tempo.

Cento euro oggi non valgono come cento euro domani

Mario, il titolare di una trattoria, ha a disposizione una banconota da 100 euro per comprare ogni giorno il pane necessario. Un chilo di pane costa 4 euro, quindi Mario può acquistarne 25 chili. Immaginiamo ora che, a causa dell'inflazione, il prezzo del pane salga a 5 euro al chilo: Mario, con la stessa banconota da 100 euro, potrà adesso comprare solo 20 chili di pane. Di fatto, a causa dell'inflazione, la banconota "vale" adesso solo 20 chili di pane, mentre prima dell'aumento del prezzo il suo valore in termini di pane era di 25 chili.

Per gli economisti, i 100 euro della banconota sono un valore nominale mentre la quantità di beni e servizi, che possono essere acquistati - il pane nel nostro caso - rappresenta il valore reale della banconota. Nel nostro esempio il valore nominale della banconota dopo la crescita del prezzo del pane rimane di 100 euro mentre a causa dell'inflazione il suo valore reale scende da 25 a 20 chili di pane. In altre parole, i 100 euro valgono di meno, hanno perso potere di acquisto a causa dell'aumento dei prezzi.

A proposito di pane e di generi alimentari di prima necessità, uno dei casi più eclatanti di inflazione o, meglio, di iperinflazione, è quello della Repubblica di Weimar (Germania, autunno 1923): la diminuzione del valore del marco, la moneta tedesca di allora, arrivò a tali livelli che per andare a fare la spesa sarebbe stato necessario portare dei carretti pieni di banconote (qui un approfondimento).

Il contrario dell'inflazione, cioè la diminuzione generalizzata dei prezzi, viene definita deflazione.

Livelli elevati di inflazione e di deflazione sono rischiosi per il cittadino e per l'economia in generale: non a caso la stabilità dei prezzi, cioè un'inflazione bassa, stabile e prevedibile, è uno degli indicatori di un'economia sana.

2. Come si misura l'inflazione

Chiariamolo subito: misurare l'inflazione non è semplice perché si deve cogliere un aumento dei prezzi generalizzato, cioè riferito a un ampio numero di beni e servizi rappresentativi delle abitudini di consumo della popolazione.

Per questo l'inflazione si misura attraverso la costruzione di un indice dei prezzi al consumo, una media dei prezzi di un insieme di beni e servizi chiamato paniere, il cestino della spesa degli italiani! La media tiene conto dell'importanza dei singoli prodotti e servizi sul totale della spesa. La variazione dell'indice misura la variazione generalizzata dei prezzi, cioè l'inflazione (in caso di aumento) o la deflazione (in caso di diminuzione).

Quindi, se leggiamo che a novembre del 2022 l'inflazione in Italia è stata pari al 12,5% su base annua, vuol dire che tra novembre 2021 e novembre 2022 la media dei prezzi dei beni e servizi del paniere è aumentata del 12,5%.

Il cestino della spesa degli italiani

Il paniere dei prezzi ci dice molto della nostra storia perché viene regolarmente aggiornato per essere rappresentativo delle abitudini di consumo degli italiani.

In Italia il paniere nasce nel 1928 ed era inizialmente formato da 59 prodotti, soprattutto beni alimentari. In questo paniere, attivo fino al 1938, oltre ai prodotti alimentari c'era la legna secca per il riscaldamento e quella per la cottura dei cibi, che resteranno nel paniere fino al 1966, seppur con importanza via via decrescente. Nel 1986 entra la carta da lettere, ma scompare dopo appena un decennio; i telefoni cellulari sono entrati nel paniere nel 1996 e l'abbonamento a Internet nel 1999, mentre nel 2018 sono usciti definitivamente i servizi di telefonia pubblica.

Dal 1999 il paniere viene aggiornato ogni anno e oggi conta ben 1.772 diversi beni e servizi, divisi in 12 raggruppamenti. Nel 2022 sono entrati nel paniere la sedia da PC, la friggitrice ad aria, i tamponi per il Covid 19 e la psicoterapia individuale; sono invece definitivamente usciti i compact disk. Dal 2020 vengono monitorati anche i trattamenti estetici per gli uomini.

In Italia, è l'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) che ha il compito di aggiornare il paniere, stimare gli indici dei prezzi e calcolare mensilmente l'inflazione.

L'ISTAT produce tre diversi indici dei prezzi al consumo: l'indice Nazionale per l'Intera Collettività (NIC), l'indice per le Famiglie di Operai e Impiegati (FOI) e l'Indice dei Prezzi al Consumo Armonizzato a livello europeo (IPCA). L'esigenza di avere tre diversi indici dei prezzi deriva dal fatto che l'inflazione non è uguale per tutti dato che dipende dalle specifiche abitudini di consumo delle persone. Gli istituti di statistica costruiscono quindi più panieri per diverse categorie di persone. L'indice armonizzato, invece, è calcolato per poter aggregare e confrontare l'inflazione italiana con quella degli altri paesi dell'area dell'euro.

Esistono inoltre indici dei prezzi al consumo che escludono dal paniere alcuni beni e servizi con oscillazioni dei prezzi molto ampie. Si tratta solitamente dei prodotti alimentari, sui cui prezzi influisce il clima, e dei prodotti energetici, ad esempio la benzina o il gasolio. L'inflazione misurata dagli indici depurati da questi prodotti prende il nome di inflazione di fondo (core inflation, in inglese) e può fornire agli economisti informazioni importanti per distinguere aumenti o diminuzioni persistenti dei prezzi rispetto a fluttuazioni temporanee.

3. Le cause dell'inflazione

Quando la domanda di un bene o di un servizio da parte delle persone aumenta e supera la quantità offerta, il prezzo cresce (le persone sono disposte a pagare di più pur di ottenere ciò di cui hanno bisogno). Applicando il ragionamento all'insieme dei beni e servizi inseriti nel paniere dell'ISTAT, l'aumento della domanda da parte dei cittadini si può tradurre in inflazione. In questi casi si parla, per l'appunto, di inflazione da domanda: significa che in quel momento la richiesta di beni e servizi da parte dei consumatori supera la quantità offerta sul mercato.

Inflazione da domanda al mercato della frutta

Per capire meglio la relazione tra domanda, offerta e prezzi, immaginiamo un piccolo mercato ortofrutticolo di un antico quartiere nel quale c'è un solo banco che vende le mele e supponiamo che a un certo punto un grande comprensorio residenziale venga costruito non lontano dal mercato. In breve tempo i clienti del mercato raddoppieranno e, con l'arrivo dell'autunno, molte più persone si riverseranno al mercato in cerca di mele.

Nell'immediato il nostro venditore di mele si troverà la fila di persone davanti al banco e potrà quindi permettersi di aumentare il prezzo delle mele approfittando del fatto di essere l'unico banco a venderle.

Col tempo però, diffusa la notizia che con le mele si fanno buoni affari, si affacceranno altri venditori, nello stesso mercato o nelle immediate vicinanze, che inizieranno a offrire le mele a un prezzo via via più basso per conquistarsi nuovi clienti. L'aumento dell'offerta di mele spingerà i prezzi verso il basso fino a quando non si raggiungerà un nuovo equilibrio tra la quantità domandata e quella offerta.

L'eccesso di domanda sull'offerta a volte può essere causato da una riduzione improvvisa della quantità prodotta.

L'aumento dei prezzi può generarsi anche nel caso di un aumento dei costi di produzione. In questi casi si parla di inflazione da offerta: la quantità di beni e servizi che desiderano acquistare le persone non cambia, ma si riduce la capacità produttiva o aumentano i costi. Questo può avvenire a causa di diversi fattori, come ad esempio un evento inatteso che rende difficile l'approvvigionamento e la produzione dei beni (una pandemia o una guerra ad esempio) o un aumento dei costi delle materie prime, come il petrolio.

Inflazione da offerta, sempre al mercato della frutta

Tornando al nostro mercato delle mele, immaginiamo che il costo dei fertilizzanti e del gasolio cresca improvvisamente. Coltivare le mele e trasportarle al mercato costerà di più. I venditori di mele del mercato ribalteranno in tutto o in parte il maggior costo sui propri clienti e aumenteranno il prezzo di vendita.

Ipotizziamo invece, in questo secondo esempio, un evento inatteso come una pandemia o uno sciopero nei trasporti che impedisce l'approvvigionamento di mele: i produttori avranno a disposizione la metà delle mele rispetto a prima, e questo genererà un nuovo squilibrio rispetto alla richiesta delle famiglie, ormai abituate ad avere tre banchi pieni di mele, e il prezzo delle mele aumenterà.

Può accadere che dietro l'aumento dell'inflazione coesistano diversi fattori, sia di domanda sia di offerta. Ad esempio, negli Stati Uniti la crescita elevata dei prezzi nella fase di ripresa post-pandemia (2021-2022), è spiegata da un aumento della domanda (le persone riprendevano a uscire e a consumare anche grazie ai sussidi ricevuti durante il lockdown), ma anche da una diminuzione dell'offerta dovuta alle chiusure per il Covid che avevano ostacolato la produzione e il trasporto di beni in tutto il mondo.

Infine, nel lungo periodo l'inflazione può essere dovuta a un eccesso di moneta in circolazione rispetto ai beni e servizi prodotti: troppi euro a caccia di pochi beni!

4. Perché dobbiamo preoccuparci quando i prezzi crescono troppo?

Gli effetti dell'inflazione...

L'inflazione elevata riduce il potere segnaletico dei prezzi rendendo più difficili le decisioni di consumo e investimento di famiglie e imprese. Arricchisce e impoverisce le persone a caso, a seconda della condizione in cui si trovano in quel momento. Aumenta i tassi di interesse rendendo più costosi gli investimenti. Nel lungo periodo è associata a una ridotta crescita economica: la torta a disposizione di tutti sarà più piccola.

...sui risparmi

L'inflazione colpisce i risparmi accumulati nel tempo, ne riduce il valore, il potere di acquisto: con i nostri soldi messi da parte potremo acquistare una quantità minore di beni e servizi. Anche i nostri redditi, se non crescono come l'inflazione, avranno un valore reale minore.

Scala mobile o sabbie mobili?

Se i miei guadagni (nominali) in un anno crescono del 5% (ad esempio da 30.000 a 31.500 euro) e l'inflazione cresce del 9%, il mio potere di acquisto è diminuito del 4% (+ 5% - 9% = - 4%). I miei 31.500 euro di oggi corrispondono, in termini di quantità di beni e servizi acquistabili, a 28.800 euro dell'anno precedente.

In Italia per molti anni è esistito un meccanismo chiamato scala mobile: gli stipendi erano indicizzati all'inflazione, cioè crescevano automaticamente con il crescere dei prezzi. Questo meccanismo, introdotto nel 1945 e presente anche in altri paesi, venne depotenziato negli anni ottanta e definitivamente abolito all'inizio degli anni novanta per una semplice ragione: l'aumento automatico dei salari contribuiva esso stesso ad alimentare l'inflazione futura, perché aumentava i costi delle imprese e di conseguenza i prezzi dei beni e servizi venduti. Si tratta della cosiddetta spirale prezzi-salari che, una volta avviata, diventa molto difficile da spezzare e genera livelli di inflazione molto elevati. Scala mobile o sabbie mobili?

In periodi di inflazione, c'è anche un altro fenomeno che riduce i nostri redditi anche nel caso aumentassero insieme ai prezzi: redditi nominali più alti vengono tassati di più. Paghiamo così più tasse, il che comporta che anche se il valore reale del nostro reddito lordo rimane immutato grazie all'adeguamento all'inflazione, il nostro reddito reale netto è più basso. Questo fenomeno si chiama "drenaggio fiscale" o, in inglese, fiscal drag.

...sui debiti

Con l'inflazione non si riduce solo il valore reale dei guadagni o dei risparmi, ma anche quello dei debiti. Per chi è indebitato a tasso fisso e quindi paga ogni mese una rata dello stesso importo, l'inflazione è un vantaggio perché riduce il valore reale dei soldi che deve restituire; inoltre, le rate da pagare non cambiano, mentre i nostri guadagni prima o poi cresceranno insieme all'inflazione.

In caso di mutui a tasso variabile, invece, l'inflazione ha effetti molto più limitati e potrebbe averne di negativi. Infatti, con l'aumento dei tassi di interesse che accompagna tipicamente i periodi di inflazione, aumenta anche l'importo della rata da pagare e il valore del debito non cambia (se i guadagni non crescono subito con l'inflazione, ci si ritroverebbe più poveri di prima almeno per un po' di tempo).

Infine, per chi deve indebitarsi, sia a tasso variabile che a tasso fisso, l'aumento dell'inflazione e dei tassi di interesse comporta un aumento dei costi (e quindi delle rate nel caso dei mutui).

Per riassumere potremmo dire che l'inflazione non è un problema per chi è già indebitato a tasso fisso, mentre è normalmente uno svantaggio per chi si deve indebitare.

Lo Stato è il più grande debitore. Ogni anno emette titoli obbligazionari con cui raccoglie in prestito miliardi di euro per coprire la differenza tra entrate (imposte e tasse) e uscite (la spesa pubblica per la scuola, la difesa, la sanità, le pensioni, ecc.) e per rimborsare i titoli che giungono a scadenza nell'anno. Dunque, per la parte di debito pubblico emessa a tassi fissi, l'inflazione crea un vantaggio per lo Stato perché riduce il peso del debito da restituire.

Tuttavia nel lungo periodo l'inflazione comporta effetti negativi anche per lo Stato: aumenteranno, ad esempio, gli esborsi per le pensioni, la spesa per beni e servizi e la spesa per interessi sul debito.

...sugli investimenti finanziari

Per quanto riguarda i nostri investimenti finanziari dobbiamo ribaltare quanto detto finora per i debitori: laddove un debitore ci guadagna, come nel caso dei debiti a tasso fisso, ci sarà un creditore che perde, e viceversa!

Dunque, chi ha acquistato un'obbligazione a tasso fisso, diventando ad esempio creditore dello Stato o di un'impresa, sarà sfavorito dall'inflazione. Con l'aumento dei tassi di interesse, il prezzo del proprio titolo diminuirà per riflettere il minore valore reale che cedole e rimborso del capitale avranno alla scadenza. Chi invece detiene un titolo a tasso variabile, indicizzato all'inflazione o ai tassi di mercato, sarà invece più protetto in caso di aumento dell'inflazione: la crescita dell'importo delle cedole o del capitale rimborsato a scadenza compenserà in tutto o in parte l'inflazione e la perdita di potere d'acquisto della moneta.

L'aumento dei tassi a causa dell'inflazione può ridurre anche il valore di altri investimenti, come le azioni (ma il discorso non è diverso anche per gli investimenti immobiliari). In questo caso la relazione tra tassi di interesse e valore di queste attività non è immediata: ne abbiamo parlato più in dettaglio in questo articolo.

Infine, anche qui ribaltiamo quanto abbiamo detto per il debito: chi decide di investire una parte dei propri risparmi, ma ancora non l'ha fatto, avrà maggiori possibilità di guadagno rispetto a prima a causa dei maggiori tassi di interesse che si associano all'inflazione.

L'inflazione è una tassa iniqua

Si dice, infine, che l'inflazione è una "tassa iniqua", vediamo perché. Innanzitutto si parla di "tassa" perché riduce per tutti la quantità di beni e servizi che si possono acquistare. Ma soprattutto è "iniqua" perché non colpisce tutti allo stesso modo.

Di solito, l'inflazione colpisce di più chi ha di meno perché le persone più povere consumano una quota maggiore del proprio reddito per acquistare beni di prima necessità (alimentari, energia e quindi trasporti) che sono spesso soggetti a rincari maggiori. Più in generale, l'aumento del costo della vita potrebbe rendere impossibile coprire le spese di cui non si può fare a meno (bisogni di base) con il proprio reddito, costringendo le persone meno abbienti a intaccare i propri risparmi, sempre che ve ne siano.

5. Perché preoccuparsi anche quando i prezzi diminuiscono?

Se l'inflazione può essere pericolosa, anche il suo contrario, cioè la diminuzione generalizzata dei prezzi, chiamata deflazione, può danneggiare i cittadini e l'economia di un paese: i consumatori potrebbero decidere di rimandare i loro acquisti nell'attesa che scendano i prezzi; i consumi delle famiglie diminuirebbero e, di conseguenza, le imprese potrebbero ridurre gli investimenti e il personale, con un effetto a catena sui consumi e sull'economia (spirale deflazionistica).

Al contrario dell'inflazione, la deflazione può comportare nell'immediato un aumento del potere d'acquisto del proprio reddito e dei propri risparmi; chi è indebitato sarà invece ulteriormente svantaggiato dal calo dei prezzi, proprio perché le somme che deve restituire avranno un valore reale maggiore. Nel lungo termine i redditi sarebbero comunque destinati a diminuire se non a scomparire per la perdita del posto di lavoro o la riduzione del volume d'affari!

Un decennio perduto, a causa della deflazione

Uno dei casi più famosi di deflazione è quello del Giappone tra l'inizio degli anni novanta e i primi anni duemila.

Per una serie di cause, tra cui una crisi delle principali economie asiatiche e un crollo interno dei prezzi degli immobili, il Giappone si trovò ad affrontare un lungo periodo di stagnazione della domanda interna (alcuni anni cresceva di poco, altri diminuiva) e, dunque, del livello generale dei prezzi.

Si parla di "decennio perduto" perché in Giappone le aspettative di diminuzione dei prezzi portarono i cittadini a rimandare i consumi, creando problemi alle imprese che, a loro volta, ridussero le assunzioni. La deflazione è un rompicapo non facile da risolvere: anche quando l'economia del Giappone riprese vigore, i prezzi di alcune categorie di beni, come l'abbigliamento, continuavano a scendere.

6. Chi ci difende dall'inflazione

Se l'elevata inflazione è dannosa per i cittadini e lo stesso vale per la deflazione, è facile intuire che lo scenario ideale per l'economia è quello di un'inflazione contenuta, stabile e prevedibile. Ma come si fa a preservare queste condizioni? Chi se ne occupa?

Se ne occupano le banche centrali che hanno il compito di tenere sotto controllo inflazione e deflazione, di mantenere cioè la stabilità dei prezzi, attraverso la politica monetaria.

Inflazione, banche centrali e politica monetaria: malattia, medico e medicina

Se livelli d'inflazione o di deflazione troppo elevati sono una malattia per la nostra economia, la banca centrale è il medico chiamato a curarla, e la politica monetaria è l'insieme degli strumenti di cura.

L'obiettivo della Banca centrale europea (BCE), è un'inflazione pari al 2% nel medio periodo. Il nostro medico tratta l'inflazione in modo simile alla pressione arteriosa: se la pressione è troppo alta, bisogna farla scendere, perché altrimenti il paziente va incontro al rischio di infarto; ma se la pressione è troppo bassa, il paziente non si alzerà neanche dal letto. Entrambe le situazioni - pressione troppo alta o troppo bassa - vanno combattute, così come inflazione elevata o deflazione.

La politica monetaria svolge invece la funzione delle pasticche e degli integratori che aiutano a regolare la pressione.

Con la politica monetaria una banca centrale prende decisioni per influenzare la quantità e il costo del denaro nell'economia. A questo scopo, lo strumento che normalmente utilizza sono i cosiddetti "tassi di interesse di riferimento". Aumentando questi tassi, la banca centrale cerca di influenzare tutti gli altri tassi i tassi d'interesse, anche quelli a medio e a lungo termine che le banche commerciali applicano ai prestiti concessi ai propri clienti. Diventa così meno conveniente indebitarsi, perché mutui e prestiti costano di più. Le persone inoltre tendono a risparmiare di più perché aumentano i tassi sui depositi e sugli altri strumenti di risparmio. Di conseguenza, i consumi delle famiglie e gli investimenti delle imprese diminuiscono. La domanda si riduce e con essa la crescita dei prezzi. Un aumento dei tassi, inoltre, può influire sulle previsioni di consumatori e imprese sull'inflazione futura (aspettative d'inflazione).

Viceversa, quando l'inflazione è troppo bassa o c'è deflazione, la banca centrale riduce i tassi d'interesse per stimolare la domanda di consumatori e imprese e spingere al rialzo i prezzi di beni e servizi.

Il nome di una buona pasticca contro l'inflazione? "Aumento del tasso d'interesse"!

Esiste una relazione inversa tra aumento dei tassi d'interesse e tasso d'inflazione. Un aumento dei tassi di interesse frena la crescita della domanda e dell'economia e può comportare un aumento della disoccupazione (gli effetti collaterali della pasticca), mentre una diminuzione dei tassi favorisce la crescita della domanda, dell'economia e dell'occupazione. La domanda sarà superiore all'offerta e, di conseguenza, i prezzi saliranno. Sebbene i modi attraverso cui i tassi d'interesse influenzano l'inflazione (meccanismo di trasmissione) sono molti e incerti, l'aumento dei tassi è lo strumento principale di politica monetaria per contenere l'inflazione. Viceversa, una diminuzione dei tassi viene utilizzata per aumentare la domanda, la crescita economica e quindi il livello generale dei prezzi. In caso di aumenti dei tassi si parla di politica monetaria restrittiva; in caso di diminuzione dei tassi, di politica monetaria espansiva.

Se il principale strumento di politica monetaria consiste nella manovra dei tassi d'interesse, più di recente le banche centrali hanno anche adottato la strategia di intervenire direttamente sui mercati finanziari. Tramite l'acquisto o la vendita di titoli, infatti, la banca centrale influenza direttamente i tassi d'interesse a più lungo termine. Il principio è sempre lo stesso: tassi più elevati raffreddano l'economia e quindi l'inflazione, tassi più bassi stimolano l'economia e fanno risalire l'inflazione al livello desiderato.

7. Come comportarsi quando l'inflazione è elevata

  1. Fare una buona pianificazione finanziaria, partendo dalla tenuta di un budget cioè un registro delle entrate e delle uscite. Solo se si è ben consapevoli di come si spendono nell'ordinario i propri soldi si è in grado nei periodi di incertezza e difficoltà di capire eventualmente a cosa si può rinunciare e come risparmiare.
    L'esercizio della pianificazione serve per capire come varieranno le spese incomprimibili (riscaldamento, beni essenziali, ecc.) di cui non possiamo fare a meno e quali spese non indispensabili possono essere tagliate (le cosiddette spese voluttuarie). È necessario, una volta classificate le spese, aumentare il fondo per le emergenze tenendo a mente che, in caso di elevata inflazione, le spese impreviste potranno essere ancora maggiori e mettere in crisi l'equilibrio tra entrate e uscite.
  2. Sarà ancor più necessario informarsi bene, confrontare più offerte, prima di fare un acquisto o prima di recarsi in banca per prendere un prestito o aprire un conto: per questo possono aiutare le Guide della Banca d'Italia.
  3. Se abbiamo dei risparmi, il primo suggerimento per proteggerli dall'inflazione è quello di diversificare, cioè investire in più prodotti diversi tra loro (depositi, titoli di Stato, azioni e obbligazioni , ecc.). La diversificazione, oltre a essere una regola generale del buon investitore, è infatti utile anche a contrastare gli effetti negativi di aumenti non previsti dell'inflazione! In particolare, quando l'inflazione aumenta, di solito aumentano anche i tassi di interesse e i rendimenti delle attività finanziarie: è importante quindi investire una parte dei propri risparmi in strumenti con scadenza a breve termine o a tasso variabile il cui rendimento si adegua velocemente all'aumento dei tassi (ad esempio, conti correnti e depositi a breve termine, BOT, titoli di Stato o altre obbligazioni a tasso variabile o indicizzate all'inflazione, come, ad esempio il BTP€i o il BTP Italia, ecc.)
  4. Nel caso in cui avessimo l'esigenza di indebitarci, ad esempio chiedendo un mutuo per la casa o un prestito, occorre ricordare che nell'immediato un tasso fisso può essere più elevato di un variabile ma nel tempo assicura una rata costante e quindi protegge dall'inflazione mentre nel caso di un mutuo a tasso variabile l'importo della rata cresce al crescere dei tassi di interesse. È proprio in questi casi che diventa ancora più importante procedere ad una buona pianificazione delle spese e delle future rate per capire se siamo in grado di sostenerle.

In generale, in uno scenario di aumento dei prezzi è ancora più importante accrescere la propria cultura economico-finanziaria per fare in modo consapevole le proprie scelte di consumo, risparmio e investimento.

Questo sito sarà una preziosa fonte di informazioni!

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