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Tra gli strumenti finanziari green più diffusi sul mercato ci sono le obbligazioni verdi (green bond), cioè titoli di debito emessi da imprese, banche, Stati, altri enti pubblici e organismi sovranazionali (es. Banca Mondiale) per raccogliere risorse da destinare esclusivamente al finanziamento o al rifinanziamento di progetti ambientali nuovi e/o preesistenti.
Con l'acquisto di green bond, i risparmiatori, oltre a ricevere una remunerazione del capitale investito, come nel caso delle obbligazioni convenzionali, finanziano esclusivamente attività che contribuiscono alla tutela dell'ambiente, quindi utili alla collettività. Le imprese, le banche, gli Stati, gli altri organismi pubblici e gli organismi sovranazionali emettono green bond per attrarre nuovi investitori, ridurre possibilmente il costo dei finanziamenti e avere una ricaduta positiva in termini di immagine.
Sotto il profilo finanziario i green bond sono equivalenti alle obbligazioni convenzionali. Pertanto, chi investe in obbligazioni verdi deve tenere conto dei rischi finanziari tipici dello strumento obbligazionario convenzionale attraverso una valutazione delle sue caratteristiche finanziarie, in particolare, del rendimento in relazione alla durata dello strumento e alla rischiosità dell'emittente.
Sotto il profilo del loro valore pubblico, l'investitore dovrà inoltre valutare quale sia effettivamente l'impatto dell'intervento finanziato sull'ambiente e, conseguentemente, la genuinità dell'etichetta "verde". È, infatti, possibile che le operazioni finanziate con le risorse raccolte attraverso l'emissione dei titoli non abbiano un effetto positivo sull'ambiente; in questo caso si parla di greenwashing.
Non esiste al momento una lista di obbligazioni verdi tenuta da autorità o istituzioni internazionali né uno standard globale per la certificazione dei green bond. L'etichetta di "obbligazione verde" viene assegnata dallo stesso emittente o da una società scelta dall'emittente a strumenti che rispondono ad alcuni criteri specifici. Le linee guida più popolari che stabiliscono questi criteri sono quelle fissate dalla International Capital Market Association (ICMA) nei suoi Green Bond Principles e gli standard della Climate Bond Initiative (CBI). L'Unione Europea dovrebbe introdurre a breve uno standard comune europeo (European Green Bond Standard - EUGBS) per facilitare l'individuazione di questo tipo di prodotti da parte degli investitori. Le obbligazioni verdi sono generalmente detenute nei portafogli di investitori istituzionali mentre sono poco diffuse tra i risparmiatori al dettaglio. L'introduzione di standard di certificazione ufficiali come quello europeo, accrescendo la trasparenza e la comparabilità delle emissioni, dovrebbe contribuire ad una maggiore diffusione delle obbligazioni verdi tra i risparmiatori.
Ad esempio, Il Quadro di riferimento per la prima emissione nel marzo 2021 di BTP Green, titoli di Stato italiani i cui proventi sono destinati al finanziamento di spese con impatto ambientale positivo e finalizzate a supportare la transizione ecologica del Paese, è in linea con i "Green Bond Principles" dell'ICMA e con la bozza degli "EU Green Bond Standards", attualmente in discussione da parte dell'Unione europea.
Come per le obbligazioni convenzionali, i costi legati all'investimento in green bond riguardano principalmente le commissioni spettanti agli intermediari per le operazioni di acquisto e vendita titoli e la custodia degli stessi (è necessaria l'apertura di un "conto titoli"). Il reddito generato da questi titoli è sottoposto a imposizione fiscale.
Qual è il rendimento dei green bond rispetto ai bond convenzionali? Gli studi empirici condotti finora non hanno portato a risultati univoci riguardo la presenza di differenze sistematiche nei rendimenti tra le obbligazioni verdi e quelle ordinarie. É uno dei temi oggetto di dibattito tra gli accademici e gli operatori di mercato che vorrebbero valutare la presenza o meno del cosiddetto premio verde greenium. Tale termine, che risulta dalla fusione tra green e premium, indica la possibilità che l'obbligazione green dia un minore rendimento (un premio negativo appunto) rispetto a una obbligazione convenzionale. Questo sia per i costi di eventuali certificazioni esterne sia perché al rendimento privato del titolo andrebbe aggiunto un rendimento "pubblico" legato agli aspetti di maggiore sostenibilità ambientale legato al realizzarsi degli interventi finanziati.
Al pari di quanto accade per un'obbligazione convenzionale, il sottoscrittore di un'obbligazione green vanta un diritto di credito nei confronti dell'emittente relativamente alle cedole maturate periodicamente e al capitale rimborsato a scadenza.
Le regole da seguire sono le stesse di quando si acquistano obbligazioni convenzionali:
Scarsa diversificazione. Il valore di una singola obbligazione è legato alle fortune di una singola impresa, quindi detenere titoli obbligazionari di un solo tipo è molto rischioso. Il rischio potrebbe ridursi diversificando, cioè investendo in obbligazioni diverse tra loro (per esempio, di differenti emittenti, durate, tipo cedola). Tuttavia, questo comportamento non è ancora sufficientemente diffuso, specialmente tra i piccoli investitori.
Spesso si tende a non considerare lo stretto legame esistente tra rendimento e rischio. Il rendimento cresce con il ridursi dell'affidabilità del soggetto emittente perché, a fronte di maggior rischio assunto, è più alto il compenso richiesto dal creditore. Vanno quindi valutati con molta attenzione i titoli con tassi particolarmente "appetibili".
Un investimento consapevole necessita di attenzione verso i propri reali obiettivi e la propria pianificazione finanziaria. Titoli con scadenze molto lontane a cedola fissa possono infatti subire oscillazioni di prezzo tali da compromettere il rendimento dell'investimento. A ciò si aggiunge l'effetto dell'inflazione, che potrebbe influire sul valore delle cedole e, soprattutto, del capitale a scadenza. Bisogna inoltre avere presente che le obbligazioni non quotate sono più difficilmente rivendibili prima della scadenza, e quindi non assicurano di poter far fronte a eventuali esigenze finanziarie improvvise e immediate.
Per i green bond, in particolare,è inoltre buona regola valutare, se possibile, anche la bontà dell'etichetta "verde", almeno fino a quando non saranno disponibili standard condivisi.
Principi dell'International Capital Market Association (ICMA) - Al momento sono lo standard più usato per emettere "obbligazioni verdi". Le regole impongono agli emittenti i) di comunicare chiaramente i progetti a cui sono destinati i fondi raccolti; ii) di indicare i benefici per l'ambiente dei progetti e i metodi utilizzati per classificare i progetti nelle categorie di Progetti Verdi individuate dalle linee guida; iii) di gestire le somme raccolte per i progetti verdi separatamente dalle altre; iv) di preparare e rendere disponibili informazioni aggiornate nel tempo sull'utilizzo dei fondi. Inoltre, l'ICMA raccomanda all'emittente di spiegare in appositi documenti la conformità del green bond alle linee guida e la nomina di revisori esterni per certificare la conformità all'atto dell'emissione e per verificare che i fondi raccolti siano effettivamente utilizzati durante la vita del progetto per gli scopi previsti inizialmente.
Standard della Climate Bonds Initiative (CBI) - Sono standard che integrano i principi dell'ICMA offrendo una guida più approfondita sull'uso dei fondi e opportunità di certificazione. Gli standard CBI sono stati elaborati soprattutto per gli investimenti che supportano la transizione verso un'economia a bassa emissione di anidride carbonica e resiliente ai cambiamenti climatici.
Standard dell'Unione Europea per le obbligazioni verdi - Nel corso del 2022 questi standard diventeranno lo schema da seguire per gli emittenti (anche extra-UE) che desiderano utilizzare la denominazione di "European Green Bonds" o "EuGBs". A questo link la proposta di Regolamento presentata a luglio 2021. Gli standard della EU per le obbligazioni verde sono simili ai principi definiti dall'ICMA ma contengono qualche indicazione più specifica. In particolare, i fondi raccolti con le obbligazioni dovrebbero essere coerenti con la tassonomia dalla UE, i progetti verdi devono rispettare il requisito di non "arrecare danni significativi" ('do not significant harm') ad altri obiettivi ambientali, la certificazione deve essere fornita da imprese incluse in una lista gestita dall'European Securities and Markets Authority (ESMA).